Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2122/5304
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dc.contributor.authorallD'Alessandro, Antonino; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione CNT, Roma, Italiaen
dc.contributor.authorallLuzio, Dario; Università degli Studi di Palermo, CFTA, Palermoen
dc.contributor.authorallD'Anna, Giuseppe; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione CNT, Roma, Italiaen
dc.contributor.authorallMangano, Giorgio; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione CNT, Roma, Italiaen
dc.contributor.authorallMessina, Nicola; Università degli Studi di Palermo, CFTA, Palermoen
dc.date.accessioned2009-12-02T13:34:04Zen
dc.date.available2009-12-02T13:34:04Zen
dc.date.issued2009-11-16en
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/2122/5304en
dc.description.abstractLe reti sismiche (SN) sono potenti strumenti necessari alla comprensione dello stato dei processi tettonici in atto in una determinata regione. La possibilità di localizzare eventi di piccola e media magnitudo richiede l’esistenza di una SN adeguatamente dimensionata, costituita da un sufficiente numero di stazioni sismiche, caratterizzate da bassa rumorosità, opportunamente distribuite sul territorio. È necessario quindi, valutare le capacità di localizzazione di una SN per individuare eventuali zone sismiche, non adeguatamente coperte, sulle quali è necessario intervenire con un infittimento o un miglioramento della rete. I metodi fino ad oggi proposti in letteratura per la valutazione della performance di una SN necessitano di ampi database sismologici e di accurati modelli della distribuzione spaziale, temporale e nel dominio della magnitudo della sismicità e ancora della stazionarietà delle caratteristiche delle stazioni (Schorlemmer e Woessner, 2008; Schorlemmer et al., 2009); essi possono risultare di difficile applicazione in fase di progettazione di una nuova rete o in aree a bassa sismicità. Il limite maggiore di tali metodi è legato tuttavia al parametro stesso che essi indagano ovvero la magnitudo di completezza. Essa è definita come la magnitudo del più piccolo evento che con una certa probabilità può essere rilevato da una SN. Tali metodi non descrivono quindi la distribuzione spaziale degli errori attesi nella localizzazione ipocentrale. Questi sono funzione dell’accuratezza del modello di velocità e della geometria, densità e rumorosità delle stazioni in prossimità dell’area epicentrale. Nel presente lavoro viene proposto un metodo di analisi denominato SNES (Seismic Networks Evaluation through Simulation) per la valutazione della performance di una SN tramite simulazione numerica. Il metodo permette di costruire, in funzione della magnitudo e della profondità ipocentrale, le mappe di incertezza sulla stima dei parametri ipocentrali. Nel presente lavoro il metodo è stato applicato alla Rete Sismica Nazionale Italiana. Poiché la qualità della localizzazione è prevalentemente influenzata dai dati relativi al primo arrivo la simulazione è stata effettuata ipotizzando la determinazione del solo primo arrivo sulla componente verticale del moto. Sono state indagate le incertezze dei parametri ipocentrali per magnitudo pari a 1.5, 2, 2.5 e 3 con profondità ipocentrale fissata a 15 km. Il metodo si articola nei seguenti passi: in corrispondenza dei nodi di un reticolo regolare che ricopre l’area da indagare viene simulato un terremoto di magnitudo fissata e viene calcolato lo spettro sismico delle onde P; questo viene corretto per gli effetti di attenuazione legati alla propagazione e utilizzato per calcolare la potenza media della fase considerata in un opportuno range di frequenze. Nello lo stesso range di frequenze viene calcolata la potenza media del rumore sismico in ogni stazione e il corrispondente SNR (Signal to Noise Ratio). Vengono così individuate le stazioni sismiche capaci di registrare l’evento con un SNR superiore ad una soglia prefissata; queste vengono dichiarate attive nel processo di localizzazione. Per le stazioni attive rispetto all’evento simulato, tramite una relazione che lega la varianza dei tempi residui alla distanza ipocentrale, viene calcolata la matrice di covarianza dei parametri ipocentrali. Nel presente lavoro gli spettri sismici sono stati calcolati utilizzando il modello di faglia circolare di Brune (1970). Il sottosuolo è stato schematizzato tramite il modello monodimensionale di velocità utilizzato dall’INGV nelle normali routine di localizzazione costituito da due strati, omogenei ed elastici, di spessore 11 e 27 km, con velocità delle onde P di 5 e 6.5 km/s rispettivamente, su un semispazio di velocità pari a 8.051 km/s. I valori di velocità delle onde S e di densità richiesti nel calcolo degli spettri sismici e del partizionamento dell’energia sono stati ricavati tramite le relazioni empiriche proposte da Broker (2005). Gli spettri sismici sono stati corretti per gli effetti dell’allargamento del fronte d’onda, del partizionamento dell’energia alle interfacce e alla superficie libera (Zoeppritz, 1919) e per gli effetti di attenuazione legati alla non perfetta elasticità e omogeneità del mezzo. Non essendo presente il letteratura un legge di attenuazione empirica valida per l’intero territorio nazionale in base alle leggi trovate da Castro et al. (2008) e da Tusa e Gresta (2008) è stata utilizzata la legge di attenuazione Qp=45f^0.92.In Fig. 1 sono mostrati i PSD di accelerazione verticale medi, nel range di frequenze 0.1-20 Hz, relativi alle 248 stazioni sismiche analizzate, confrontati con gli spettri di riferimento NHNM e NLNM di Peterson (1993) e la mappa della potenza media del rumore sismico. Questa è stata ricavata stimando per ogni singola stazione la potenza media dell’accelerazione sulla componente verticale nell’intervallo di frequenza 0.1-20 Hz e applicando il metodo della distanza inversa per la regolarizzazione della griglia dei dati. Nella mappa di fig. 1 è possibile osservare una notevole variabilità della potenza del noise da attribuire a cause geologiche e ambientale di scala regionale. Poiché nel processo di localizzazione ipocentrale vengono generalmente apportate le correzioni per i residui medi di stazione al fine di ridurre errori sistematici, si può affermare che le incertezze sulla stima dei parametri ipocentrali dipendono prevalentemente dalla varianza dei residui temporali. La relazione che lega la varianza dei residui alla distanza ipocentrale è stata determinata utilizzando i dati raccolti dalla rete su tutto il territorio nazionale. Sono state utilizzate le fasi P relative agli eventi sismici avvenuti tra il 2005 e il 2009, per creare un database di tempi residui costituito da oltre 300.000 coppie tempo residuo-distanza ipocentrale. Questi dati sono stati utilizzati per costruire l’istogramma 2D in scala di grigi di Fig. 2. Per ogni classe di distanza è stata calcolata la varianza dei tempi residui fino ad una distanza ipocentrale massima di 300 km, oltre la quale la scarsità di dati non rendeva la stima statisticamente significativa. I dati di varianza cosi stimati sono stati fittati con la retta di Fig. 2. In Fig. 3 è riporta la mappa SNES costruita per magnitudo 2 e profondità ipocentrale 15 km. La mappa risulta suddivisa in 6 sottomappe che riportano rispettivamente il numero di stazioni attive, il relativo gap azimutale, l’errore sulla stima del tempo origine, della latitudine, della longitudine e della profondità ipocentrale con una probabilità del 95%. La Fig. 4 riporta invece le zone sismogenetiche presenti sul territorio italiano, ridisegnate dal catalogo ZS9 (Meletti e Valensise, 2004) le mappe dell’errore sulla stima dell’ipocentro e la mappa di completezza della magnitudo. Le mappe dell’errore medio sulla stima dell’ipocentro sono state calcolate come il raggio della sfera equivalente dell’ellisoide di confidenza al 95% (Radious of Equivalent Sphere, RES). La mappa di completezza è stata ottenuta considerando localizzati eventi che attivavano almeno 4 stazioni sismiche. Le zone sismogenetiche dell’Arco Alpino risultano ben coperte già per magnitudo maggiori uguali a 2. Tuttavia l’arco Alpino Orientale risulta meglio coperto rispetto alla zona occidentale mostrando un RES, che per M=2, è mediamente inferiore a 3 km. Buona parte della zona padana risulta invece scoperta per eventi di piccola magnitudo, probabilmente in seguito all’elevata rumorosità. Le zone sismogenetiche dell’Appennino risultano interamente coperte per magnitudo pari a 2 mostrando tuttavia un RES molto variabile compreso tra 1 e 9 km, con i valori più alti in prossimità delle zone sismicamente più rumorose. Le zone sismogenetiche dell’Arco Calabro e della Sicilia risultano solo parzialmente coperte per magnitudo pari a 2. Solamente le zone messinese e iblea presentano RES inferiori a 3 km. Tale metodo è stato inoltre applicato al fine di valutare il miglioramento nelle performance di localizzazione della Rete Sismica Nazionale a seguito della deposizione di tre OBS/H (Ocean Bottom Seismometer with Hydrophone) nello Ionio Meridionale nell’ambito del progetto NERIES (D’Alessandro et al., 2009).en
dc.language.isoItalianen
dc.relation.ispartofGNGTS 2009en
dc.subjectReti sismicheen
dc.subjectrischio sismicoen
dc.subjectSNESen
dc.titleVALUTAZIONE DI RETI SISMICHE TRAMITE SIMULAZIONE: APPLICAZIONE ALLA RETE SISMICA INGVen
dc.typeConference paperen
dc.description.statusPublisheden
dc.subject.INGV04. Solid Earth::04.06. Seismology::04.06.99. General or miscellaneousen
dc.description.ConferenceLocationTriesteen
dc.description.obiettivoSpecifico2.5. Laboratorio per lo sviluppo di sistemi di rilevamento sottomarinien
dc.description.fulltextopenen
dc.contributor.authorD'Alessandro, Antoninoen
dc.contributor.authorLuzio, Darioen
dc.contributor.authorD'Anna, Giuseppeen
dc.contributor.authorMangano, Giorgioen
dc.contributor.authorMessina, Nicolaen
dc.contributor.departmentIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione ONT, Roma, Italiaen
dc.contributor.departmentUniversità degli Studi di Palermo, CFTA, Palermoen
dc.contributor.departmentIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione ONT, Roma, Italiaen
dc.contributor.departmentIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione ONT, Roma, Italiaen
dc.contributor.departmentUniversità degli Studi di Palermo, CFTA, Palermoen
item.openairetypeConference paper-
item.cerifentitytypePublications-
item.languageiso639-1it-
item.grantfulltextopen-
item.openairecristypehttp://purl.org/coar/resource_type/c_18cf-
item.fulltextWith Fulltext-
crisitem.author.deptIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione ONT, Roma, Italia-
crisitem.author.deptUniversità degli Studi di Palermo, CFTA, Palermo-
crisitem.author.deptIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione OE, Catania, Italia-
crisitem.author.deptIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Sezione ONT, Roma, Italia-
crisitem.author.deptUniversità degli Studi di Palermo, CFTA, Palermo-
crisitem.author.orcid0000-0002-0074-3125-
crisitem.author.orcid0000-0002-4642-3901-
crisitem.author.parentorgIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia-
crisitem.author.parentorgIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia-
crisitem.author.parentorgIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia-
crisitem.classification.parent04. Solid Earth-
crisitem.department.parentorgIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia-
crisitem.department.parentorgIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia-
crisitem.department.parentorgIstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia-
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