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Microsismicità osservata nell’area geotermica del Monte Amiata (Toscana)
Author(s)
Type
Conference paper
Language
Italian
Obiettivo Specifico
1TR. Georisorse
Status
Unpublished
Conference Name
Issued date
November 12, 2019
Conference Location
Roma
Subjects
Keywords
Abstract
Il Monte Amiata, ubicato nella porzione sud-occidentale della regione Toscana, è un edificio vulcanico
che si è strutturato durante la parte finale del Pleistocene medio (350 - 200 ka; Laurenzi et al., 2015;
Principe et al., 2018) al di sopra delle unità tettoniche strutturatesi durante le fasi mio-plioceniche
dell’orogenesi appenninica. La distribuzione dei centri eruttivi sembra essere controllata da una zona di
debolezza strutturale plio-pleistocenica, orientata circa NE-SW, che interessa sia i depositi vulcanici che
le unità strutturali sottostanti (Brogi & Fabbrini, 2009, Brogi et al., 2015; Piccardi et al., 2017, Principe
et al., 2018).
Il gradiente geotermico è caratterizzato da valori molto alti (fino a 15°/100m), rendendo l’area
particolarmente idonea per la produzione di energia geotermica. La produzione geotermica iniziò a
partire dal 1960. Attualmente, gli impianti produttivi di ENEL- Greenpower di Bagnore e Piancastagnaio
(Fig. 1), sfruttano un serbatoio geotermico collocato tra i 2000 e i 3500 metri di profondità rispetto al
piano campagna.
Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI; Rovida et al., 2016 riporta, tra il 1287 e il 1940,
13 terremoti con una magnitudo equivalente compresa tra 4.5 £ Me £ 5.3 che hanno causato
danneggiamenti fino al grado VIII MCS (Fig. 1), evidenziando un’attività sismica naturale e capace di
causare seri danneggiamenti, ben prima dell’inizio dello sfruttamento geotermico dell’area.
La sismicità recente, registrata dalla rete sismica nazionale dell’INGV (Castello et al., 2006;
http://cnt.rm.ingv.it), riporta meno di 150 terremoti nell’area amiatina negli ultimi 25 anni, di cui 35
eventi con ML ≥ 1.5. Tra questi, il terremoto del 1.4.2000 (Md=4.0; http://cnt.rm.ingv.it/event/1132509)
causò danni ad oltre 50 edifici, e la prossimità dell’epicentro con l’impianto di produzione di
Piancastagnaio sollevò l’ipotesi di una sua natura antropogenica (Mucciarelli et al. 2001). Braun et al.
(2018) hanno ricalcolato ipocentro e meccanismo focale di questo evento, collocandolo ad una profondità
prossima al serbatoio di produzione, giungendo però alla conclusione che non sia possibile, per questa
via, discriminare la sua natura antropogenica o meno. In generale, rispetto alle profondità tipiche della
sismicità crostale osservata in Toscana (tra circa 5 e 13 km) gli ipocentri degli eventi sismici registrati
nell’area amiatina hanno delle profondità simili a quelle di produzione (< 5 km). La bassa densità della
rete di monitoraggio INGV in quest’area del territorio nazionale (Fig. 1) è causa, comunque, di una bassa
capacità di rilevazione (detection) sismica e di una altrettanto bassa capacità di risoluzione ipocentrale.
Per migliorare le capacità di detection e di monitoraggio sismico nell’area del Monte Amiata, nel periodo
2015 - 2018 abbiamo installato una rete locale composta da 8 stazioni in vicinanza delle centrali di
produzione geotermica di Bagnore e Piancastagnaio. L’obiettivo dell’esperimento era quello di abbassare
la magnitudo di completezza e di comprendere meglio l’origine della sismicità in vicinanza degli impianti
di estrazione, cercando di discriminare tra sismicità naturale e eventi sismici antropogenici. A questo scopo, abbiamo applicato una metodologia di analisi automatica, scansionando l’enorme dataset
con un nuovo e robusto approccio di detection e localizzazione, chiamato waveform beam-forming grid
search approach (LASSIE; Heimann et al., 2017). In uno step successivo, gli eventi sismici associati
vengono rilocalizzati con un waveform-based locator (LOKI: Grigoli et al. 2014). Il catalogo sismico
così ottenuto, aggiornato e molto più completo rispetto a quanto mai ottenuto prima in termini di
Magnitudo di completezza (Mc), rappresenta la base per definire criteri di discriminazione, ad esempio
attraverso la correlazione spazio-temporale della sismicità osservata con i parametri di produzione
geotermica.
I risultati ottenuti e le potenzialità di tale approccio saranno oggetto della presentazione qui proposta.
che si è strutturato durante la parte finale del Pleistocene medio (350 - 200 ka; Laurenzi et al., 2015;
Principe et al., 2018) al di sopra delle unità tettoniche strutturatesi durante le fasi mio-plioceniche
dell’orogenesi appenninica. La distribuzione dei centri eruttivi sembra essere controllata da una zona di
debolezza strutturale plio-pleistocenica, orientata circa NE-SW, che interessa sia i depositi vulcanici che
le unità strutturali sottostanti (Brogi & Fabbrini, 2009, Brogi et al., 2015; Piccardi et al., 2017, Principe
et al., 2018).
Il gradiente geotermico è caratterizzato da valori molto alti (fino a 15°/100m), rendendo l’area
particolarmente idonea per la produzione di energia geotermica. La produzione geotermica iniziò a
partire dal 1960. Attualmente, gli impianti produttivi di ENEL- Greenpower di Bagnore e Piancastagnaio
(Fig. 1), sfruttano un serbatoio geotermico collocato tra i 2000 e i 3500 metri di profondità rispetto al
piano campagna.
Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI; Rovida et al., 2016 riporta, tra il 1287 e il 1940,
13 terremoti con una magnitudo equivalente compresa tra 4.5 £ Me £ 5.3 che hanno causato
danneggiamenti fino al grado VIII MCS (Fig. 1), evidenziando un’attività sismica naturale e capace di
causare seri danneggiamenti, ben prima dell’inizio dello sfruttamento geotermico dell’area.
La sismicità recente, registrata dalla rete sismica nazionale dell’INGV (Castello et al., 2006;
http://cnt.rm.ingv.it), riporta meno di 150 terremoti nell’area amiatina negli ultimi 25 anni, di cui 35
eventi con ML ≥ 1.5. Tra questi, il terremoto del 1.4.2000 (Md=4.0; http://cnt.rm.ingv.it/event/1132509)
causò danni ad oltre 50 edifici, e la prossimità dell’epicentro con l’impianto di produzione di
Piancastagnaio sollevò l’ipotesi di una sua natura antropogenica (Mucciarelli et al. 2001). Braun et al.
(2018) hanno ricalcolato ipocentro e meccanismo focale di questo evento, collocandolo ad una profondità
prossima al serbatoio di produzione, giungendo però alla conclusione che non sia possibile, per questa
via, discriminare la sua natura antropogenica o meno. In generale, rispetto alle profondità tipiche della
sismicità crostale osservata in Toscana (tra circa 5 e 13 km) gli ipocentri degli eventi sismici registrati
nell’area amiatina hanno delle profondità simili a quelle di produzione (< 5 km). La bassa densità della
rete di monitoraggio INGV in quest’area del territorio nazionale (Fig. 1) è causa, comunque, di una bassa
capacità di rilevazione (detection) sismica e di una altrettanto bassa capacità di risoluzione ipocentrale.
Per migliorare le capacità di detection e di monitoraggio sismico nell’area del Monte Amiata, nel periodo
2015 - 2018 abbiamo installato una rete locale composta da 8 stazioni in vicinanza delle centrali di
produzione geotermica di Bagnore e Piancastagnaio. L’obiettivo dell’esperimento era quello di abbassare
la magnitudo di completezza e di comprendere meglio l’origine della sismicità in vicinanza degli impianti
di estrazione, cercando di discriminare tra sismicità naturale e eventi sismici antropogenici. A questo scopo, abbiamo applicato una metodologia di analisi automatica, scansionando l’enorme dataset
con un nuovo e robusto approccio di detection e localizzazione, chiamato waveform beam-forming grid
search approach (LASSIE; Heimann et al., 2017). In uno step successivo, gli eventi sismici associati
vengono rilocalizzati con un waveform-based locator (LOKI: Grigoli et al. 2014). Il catalogo sismico
così ottenuto, aggiornato e molto più completo rispetto a quanto mai ottenuto prima in termini di
Magnitudo di completezza (Mc), rappresenta la base per definire criteri di discriminazione, ad esempio
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geotermica.
I risultati ottenuti e le potenzialità di tale approccio saranno oggetto della presentazione qui proposta.
References
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Brogi A. & Fabbrini L. (2009). Extensional and strike-slip tectonics across the Monte Amiata – Monte
Cetona transect (Northern Apennines, Italy) and seismotectonic implications. Tectonophysics, 476, 195–
209.
Brogi A., Capezzuoli E., Liotta D., & Meccherini M. (2015). The Tuscan Nappe structures in the Monte
Amiata geothermal area (central Italy): a review. Ital. J. Geosci., 134, 219-236, doi:10.3301/IJG.2014.55.
Castello B., Selvaggi G., Chiarabba C., & Amato A. (2006). CSI Catalogo della sismicità italiana 1981-
2002, versione 1.1., 254. INGV-CNT, Roma, <http://csi.rm.ingv.it/>.
Grigoli F., Cesca S., Amoroso O., Emolo A., Zollo A., & Dahm T. (2014). Automated seismic event
location by waveform coherence analysis. Geophysical Journal International, 196, 1742 – 1753,
https://doi.org/10.1093/gji/ggt477.
Heimann, S., Kriegerowski M., Isken M., Cesca S. , Daout S., Grigoli F., Juretzek C., Megies T., Nooshiri
N., Steinberg A., Sudhaus H., Vasyura-Bathke H., Willey T., Timothy, & Dahm T. (2017). Pyrocko - An
open-source seismology toolbox and library. V 0.3. GFZ Data Services, doi:10.5880/GFZ.2.1.2017.001.
Laurenzi M. A., Braschi E., Casalini M, & Conticelli S. (2015). New 40Ar-39Ar dating and revision of
the geochronology of the Monte Amiata Volcano, Central Italy. Ital. J. Geosci., 134, 255-267.
Mucciarelli M., Gallipoli M., Fiaschi A., & Pratesi G. (2001). Osservazioni sul danneggiamento nella
zona del Monte Amiata a seguito dell’evento del 1 Aprile 2000. X Congresso Nazionale “L’ingegneria
Sismica in Italia”, Potenza-Matera.
Piccardi L., Vittori E., Blumetti A. M., Comerci V., Di Manna P., Guerrieri L., Baglione M. &
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environment: The Tuscia province (southern Tuscany-northern Latium, Italy). Quaternary International,
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Principe C., Lavorini G., & Vezzoli M. L. (eds.) (2017). Il Vulcano di Monte Amiata. EDS Nola, ISBN
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Italiani (CPTI15). Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. https://doi.org/10.6092/INGV.ITCPTI15
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2019_GNGTS_Amiata_Braun2-3.pdf
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