Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2122/7960
Authors: Simone, Marzorati 
Title: FENOMENOLOGIA DEL NOISE SISMICO AMBIENTALE: DALLA CONOSCENZA DEL SEGNALE ALLE APPLICAZIONI EMPIRICHE
Issue Date: 16-Jan-2007
Keywords: seismic noise
microseisms
spectral ratio
crosscorrelation
Subject Classification04. Solid Earth::04.06. Seismology::04.06.06. Surveys, measurements, and monitoring 
04. Solid Earth::04.06. Seismology::04.06.09. Waves and wave analysis 
Abstract: Per l’uomo, il terremoto è la sollecitazione meccanica di natura oscillatoria la quale, una volta percepita, maggiormente si imprime nella memoria. Nel corso della Storia, probabilmente l’uomo ha iniziato a crearsi una coscienza dell’esistenza dei terremoti per il fatto che li ha percepiti attraverso il suo corpo, oltre a vedere la loro potenzialità distruttiva agire sui manufatti e colpire le vite dei suoi simili. Il corpo umano può essere visto come un sistema meccanico composto da sottosistemi con massa, proprietà elastiche e di smorzamento differenti; tale sistema, se sottoposto ad una sollecitazione di una certa intensità e caratterizzata da un dato contenuto in frequenza, ha una risposta conseguente, la quale può raggiungere e superare la soglia umana di percezione. Le varie parti del corpo umano entrano in risonanza per differenti intervalli di frequenza; ad esempio gli organi addominali hanno un range di frequenza di risonanza compreso tra 4 e 8 Hz, le spalle tra 4 e 5 Hz, la testa tra 20 e 30 Hz, le gambe, a seconda dell’angolatura, tra 2 e 20 Hz. Per sollecitazioni inferiori a 2 Hz, il corpo umano si comporta come una massa unica, seguendo omogeneamente gli spostamenti della struttura vibrante con la quale è a contatto; quindi al disotto di tale frequenza la vibrazione non viene percepita. In queste bande di frequenze, la soglia umana di percezione si colloca, secondo la normativa UNI 9614 (RIF.), ad un livello pari a 71 dB di accelerazione ponderata. Il terremoto possiede un’intensità ed un contenuto in frequenza che è percepito profondamente dal corpo umano. Mercalli propose la prima scala per classificare l’intensità di un terremoto, modificata nel 1930 da Sieberg (scala MCS: Sieberg, 1930). Essa si basa sull’effetto distruttivo arrecato ai manufatti; in tale scala il grado minore di intensità è relativo ai terremoti che non sono percepiti dagli esseri umani, ma sono registrati dagli strumenti sismici; i gradi successivi si distinguono per una sempre maggiore percezione del terremoto da parte della popolazione colpita. Gli strumenti sismici moderni hanno raggiunto un livello tecnologico che permette di registrare senza distorsione il segnale generato da un sensore sollecitato dal moto del terreno fino ad ampiezze ben al di sotto della soglia umana. Come avviene in un qualunque processo di misura, però, alla registrazione del terremoto si sovrappone sempre la registrazione di alcuni segnali che hanno origine differente e che degradano la qualità della traccia sismica. In sismologia, qualunque segnale che interferisce con la registrazione di un terremoto viene generalmente considerato rumore (noise). Per aumentate la quantità di informazioni estraibili dalla traccia sismica, gli effetti del rumore devono essere ridotti il più possibile e l’ampiezza relativa del segnale sismico rispetto a quella del rumore (definito come rapporto segnale/disturbo) fornisce un’indicazione della qualità della registrazione. Per alcune applicazioni sismologiche, però, il segnale di interesse non è costituito dalla registrazione delle oscillazione del terreno prodotte da un terremoto, ma dalla registrazione del rumore sismico ambientale che, invece, durante la registrazione di un terremoto costituisce una parte del noise che degrada la qualità della registrazione. Il noise sismico ambientale è generato, in analogia con un terremoto, da sorgenti in grado di immettere energia nel terreno che si propaga poi come onde per deformazioni elastiche della Terra. Il noise sismico ambientale produce delle vibrazioni continue del terreno chiamate microtremori, che hanno, generalemente, spostamenti da 10-4 a 10-2 mm (Okada, 2003) . In zone urbanizzate o nelle vicinanze di molte attività umane, spesso è possibile che l’uomo percepisca le vibrazioni appartenenti al noise sismico ambientale, in quanto le sorgenti possono essere costituite da qualsiasi mezzo meccanico che interagisce col terreno, come il traffico veicolare o i macchinari industriali. Questo noise è definito ‘culturale’ in quanto prodotto dall’uomo e dalla sua attività sul territorio; esso è sempre presente anche se con livelli di percezione differenti ed ha un contenuto in frequenza a partire da circa 1 Hz (Kulhanek, 1990). Ciò di cui invece l’uomo non ha percezione è del noise ambientale prodotto da sorgenti naturali (come ad esempio gli eventi meteorologici oceanici) che inducono vibrazioni continue nel tempo a frequenze più basse. Nell’intervallo di frequenza tra 0.1 e 1 Hz, i microtremori vengono comunemente inseriti nella categoria “microsismi”. I microtremori sono utilizzati dalla comunità scientifica sismologica in quanto la conoscenza dell’origine e della natura del noise ambientale è stata approfondita fino a comprenderne l’utilità per le applicazioni sismologiche. Quindi il noise sismico ambientale non è più visto solo come un disturbo da scartare; esso è composto da diversi tipi di onde elastiche e soprattutto è caratterizzato da un alto contenuto di onde superficiali (Rayleigh e Love) le quali trasportano utili informazioni sulle caratteristiche delle strutture geologiche del sottosuolo. La propagazione delle onde elastiche in una struttura geologica è determinata dalla complessità degli strati, dalla loro profondità, dalla velocità di taglio e di compressione, dalla densità e dal fattore di attenuazione dei materiali. La situazione più semplice da schematizzare è quella mono-dimensionale (1D), in cui le proprietà geologiche e geotecniche sono descritte seguendo un profilo verticale: in questo caso la velocità di taglio delle onde (Vs) ha un’importanza fondamentale nella propagazione. I metodi convenzionali per ottenere informazioni sul parametro Vs sono invasivi e dispendiosi, consistendo nella realizzazione di pozzi. Di recente, si sono affermati metodi come SASW (Spectral Analysis of Superficial Waves) (Stokoe et al 1989; Tokimatsu, 1995; Socco and Strobbia, 2004) che permettono di indagare le proprietà dispersive delle onde superficiali in mezzi eterogenei, le quali si propagano lungo l’interfaccia suolo-aria; attraverso processi di inversione vengono ricavati i profili di velocità a partire dalle curve di dispersione della velocità (Herrmann, 1994; Wathelet et al., 2004). Tali metodi utilizzano sorgenti attive per ricavare i dati sperimentali ed hanno una profondità di penetrazione di alcune decine di metri ed un limitato range di frequenza di analisi (Tokimatsu, 1995). In casi di sedimenti profondi alcune centinaia di metri, l’esplorazione dovrebbe avvenire con carichi esplosivi o mezzi meccanici che permettono di generare segnali con lunghezza d’onda sufficientemente lunghe per poter investigare profondità maggiori. Utilizzando le tecniche dei rapporti spettrali, è possibile determinare l’amplificazione delle ordinate spettrali del moto orizzontale di un sito rispetto ad uno di riferimento (SSR, Standard Spectral Ratio: Borcherdt, 1970), oppure è possibile restituire la funzione di trasferimento attraverso il rapporto tra lo spettro della componente orizzontale del moto rispetto a quella verticale (HVSR, Horizontal to Vertical Spectral Ratio: Lermo and Chavez-Garcia, 1993). I rapporti spettrali vengono comunemente calcolati utilizzando le serie temporali di eventi sismici locali. Tali tecniche necessitano di un numero di dati statisticamente significativo, con un buon rapporto segnale/disturbo, in modo da rappresentare le proprietà medie del mezzo di propagazione. L’importanza dello studio delle strutture geologiche locali e superficiali è dato dal fatto che esse sono la causa determinante degli ‘effetti di sito’ generati dalla propagazione delle onde di un terremoto (il quale è la causa scatenante) in prossimità della superficie terrestre. Attualmente è largamente accettato dalla comunità scientifica sismologica ed ingegneristica l’esistenza di ‘effetti di sito’ o di ‘amplificazione locale’, che indicano le deformazioni che il campo d’onda sismico subisce in prossimità della superficie terrestre, in relazione alla caratteristiche geologiche locali. Fin dalla fine del 1800, da quando è nata la sismologia strumentale ed è stato possibile rappresentare il moto del suolo durante un terremoto in diverse posizioni sul territorio, i sismologi hanno riconosciuto la variabilità ad esso collegata. Nel 1898, Milne affermava che è facile selezionare due stazioni a distanza di 1000 piedi una dall’altra per osservare una differenza di ampiezza del moto orizzontale anche di 5-10 volte (Milne, 1898). Gli studi di recenti forti terremoti (ad es., Michoacan 1985, Armenia 1988, Loma Prieta 1989, Iran 1990, Filippine 1990, Northridge 1994, Kobe 1995, Izmit 1999, El Salvador 2001, Bam 2003, tra gli altri) hanno evidenziato come le caratteristiche geologiche superficiali possono determinare amplificazioni e prolungamento della sollecitazione del moto sismico del terreno. L’entità dei danni subiti da alcune metropoli costruite su sedimenti soffici o incoerenti all’interno di bacini sedimentari, ha dato un forte impulso agli studi di microzonazione con lo scopo di ridurre e mitigare il rischio sismico. Nella realtà italiana, gli effetti di sito vengono riproposti alla luce di terremoti moderati che esaltano l’aspetto della vulnerabilità del costruito a fronte dell’amplificazione del campo sismico. Gli effetti di sito sono legati alla topografia superficiale del substrato affiorante o sommerso, alla presenza di sedimenti soffici e alla presenza di forti discontinuità laterali. Le maggiori amplificazioni sono state osservate su stratificazioni sedimentarie tipo bacini lacustri o valli riempite di sedimenti alluvionali (Hisada, 1993; Bard 1994; Bonilla et al. 1997; Bielak, 2000; Bindi et al., 2001, Shapiro et al. 2001; Semblat et al., 2002; Boore, 2004). L’applicazione delle tecniche per ottenere informazioni sulle caratteristiche geologiche e geotecniche, utili allo studio degli effetti di sito, incontra dei problemi pratici quando gli esperimenti devono o dovrebbero essere effettuati in zone altamente urbanizzate, dove il rischio sismico aumenta per l’alto grado di esposizione delle infrastrutture e costruzioni antropiche. E’ difficile ottenere i permessi per utilizzare esplosivi o mezzi meccanici che generano vibrazioni del terreno in ambiente urbano; i costi spesso sono troppo elevati per essere accettati dalle amministrazioni locali; è complicato trovare più siti che permettano installazioni di array sismici con configurazione rettilinea o circolare. In caso di sismicità bassa o moderata ed in caso di sorgenti attive poco intense, i segnali registrati sono degradati dal disturbo antropico, non permettendo una lettura corretta delle caratteristiche del campo d’onda; quindi non è possibile raccogliere un data set utile alle analisi. Queste difficoltà pratiche sono superate dai metodi che utilizzano i microtremori, i quali sono sempre presenti in ogni momento, hanno un ampio contenuto in frequenza e sono composti principalmente da onde superficiali, ipotesi che permette di utilizzare le proprietà dispersive legate alla velocità delle onde (Tokimatsu, 1995; Chouet et al. 1998). Con un abbattimento considerevole dei costi, dai microtremori è possibile ottenere informazioni sui periodi dei picchi di amplificazione (tecnica dei rapporti spettrali di Nakamaura: Nakamura, 1989), mentre attraverso tecniche in array vengono ricavate le curve di dispersione da cui ottenere i profili di velocità degli strati geologici superficiali. Anche in questo caso le tecniche riproducono le proprietà medie del mezzo analizzato in un’ottica 1D. Quando sono presenti forti variazioni laterali nei siti di analisi, i risultati vengono falsati da effetti bi- (2D) o tri-dimensionali (3D), dovuti alla topografia del substrato o alla generazione di onde superficiali indotte dai bacini sedimentari che vengono intrappolate negli strati superficiali.
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