Please use this identifier to cite or link to this item: http://hdl.handle.net/2122/4619
Authors: Scardia, G.* 
Muttoni, G.*
Title: Il contributo dei pozzi perforati dalla Regione Lombardia alla conoscenza del Pleistocene lombardo
Editors: Orombelli, G.
Issue Date: 5-Nov-2008
Keywords: stratigraphy
subsurface geology
Pleistocene
magnetostratigraphy
Subject Classification04. Solid Earth::04.04. Geology::04.04.08. Sediments: dating, processes, transport 
Abstract: Il Pleistocene è un intervallo di tempo caratterizzato da un’elevata risoluzione stratigrafica, che potrebbe permettere studi scientifici di grande dettaglio nel territorio lombardo. Sfortunatamente, tale risoluzione è penalizzata dalla natura stessa del record sedimentario pleistocenico, che, in ambito continentale, è generalmente frammentario e discontinuo, soprattutto in quelle regioni, come la Lombardia, che hanno subìto in passato l’azione di ripetute glaciazioni. L’assenza in affioramento di successioni stratigrafiche continue costituisce obiettivamente un ostacolo al riconoscimento ed alla correlazione fisica degli eventi stratigrafici riconosciuti. Tale limite è tuttora riscontrabile nel tradizionale rilevamento geologico che se da un lato ha avuto il merito di arrivare a descrivere il territorio con un dettaglio ragguardevole, non è stato tuttavia in grado di inquadrare efficacemente i dati raccolti nell’ambito dell’evoluzione del territorio durante il Pleistocene. Ciononostante, a supporto e completamento dell’attività scientifica svolta in passato, si è aggiunto il contributo della Regione Lombardia ed ENI, che verso la fine degli anni ’90 hanno dato inizio ad un importante programma di ricerche sul sottosuolo, portato poi avanti dalla Regione Lombardia fino al 2006. Nell’ambito di questo programma sono stati perforati 12 sondaggi a carotaggio continuo, con il recupero di circa 1800 m di sedimenti. Tali carote sono state quindi oggetto di uno studio interdisciplinare con analisi palinologiche, micropaleontologiche, petrografiche e paleomagnetiche. Il supporto cronostratigrafico fornito dalla magnetostratigrafia e l’osservazione di importanti variazioni di facies, di petrografia e contenuto pollinico nelle carote hanno permesso di riconoscere nel sottosuolo lombardo eventi globali e regionali avvenuti durante il Pleistocene. Il più importante di questi eventi stratigrafici è indubbiamente l’inizio delle grandi glaciazioni pleistoceniche che produce un drammatico cambio nell’architettura deposizionale della Pianura Padana ed un’importante evoluzione nell’ecologia dell’epoca. Questo evento, datato con la magnetostratigrafia a circa 870.000 anni dal presente, è correlabile a scala globale con la Transizione del Pleistocene medio, che segna il passaggio tra il Pleistocene inferiore, più caldo dell’attuale e con ridotte oscillazioni climatiche con frequenza di circa 40.000 anni, ed il Pleistocene medio, caratterizzato dall’alternanza di glaciazioni e periodi caldi interglaciali con frequenza di circa 100.000 anni. Un secondo evento stratigrafico, riconosciuto nel sottosuolo grazie allo studio dei sondaggi, riguarda il sollevamento della media e alta pianura lombarda. Sono stati infatti osservati in alcune carote depositi marini posti ad una quota superiore a quella del livello del mare. Questo fatto, riscontrato a scala regionale, ha suggerito l’esistenza di una fase di sollevamento dell’edificio alpino durante il Pleistocene medio con tassi minimi valutati nell’ordine di 0,1 mm all’anno. La natura di questo sollevamento non è univocamente interpretabile. Tuttavia, la scarsa sismicità del territorio lombardo, con l’eccezione dell’area gardesana, e l’attuale assetto strutturale alpino portano a ritenere il sollevamento del Pleistocene medio come un prodotto dell’interazione tra clima e tettonica. Constatando infatti che l’evento di sollevamento è di poco successivo all’inizio delle glaciazioni e considerando l’erosione che ogni glaciazione esercita sul territorio interessato, l’ipotesi formulata è quindi che la costante rimozione di massa dalla catena alpina verso i bacini sedimentari periferici all’orogene abbia innescato a lungo termine un bilanciamento isostatico delle Alpi con conseguente movimento verso l’alto dei volumi di roccia e sedimento che costituiscono il sistema Alpi e alta-media pianura lombarda.
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